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26 giugno, Giornata contro la droga. La Comunità Terapeutica di Denore raccontata da operatori e ragazzi

pubblicato il 25/06/2021 15:34, ultima modifica 25/06/2021 15:34
Una giornata nella Comunità Terapeutica di Denore gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in convenzione con il SERD AUSLFE

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“Qui ho imparato a costruire e non a distruggere. E così ho scoperto che la vita è bella”. Nelle parole di Andrea, ex tossicodipendente e da quattro anni volontario presso la Comunità Terapeutica di Denore, si racchiude l’esperienza della “droga come una bestia che distrugge tutto” e della sua uscita per “riscoprire il valore della vita”.

Una testimonianza significativa, in occasione del 26 giugno – Giornata internazionale contro l'abuso e il traffico illecito di droga, direttamente dalla comunità ferrarese gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in convenzione con il SERD dell’Azienda USL di Ferrara che si occupa di tutte le dipendenze da droga, alcol e gioco d’azzardo.

La struttura pedagogica riabilitativa, aperta nel 2004 e in attesa dell’accreditamento dalla Regione come struttura terapeutica riabilitativa, ospita attualmente 17 persone (14 uomini e 3 donne), soprattutto giovani tra i 20 e i 25 anni che intraprendono un percorso di uscita dalla droga, la maggior parte per eroina e cocaina.

“Il programma dura 18 mesi e si divide in tre fasi: accoglienza, comunità e reinserimento – spiega il responsabile Eugenio Compagno -. La prima fase dura circa tre mesi per l’ingresso nelle logiche della comunità, seguita da un lavoro di trasformazione interiore lungo un anno in cui il ragazzo acquista consapevolezza e senso di responsabilità, fino al graduale e regolato reinserimento in società negli ultimi tre mesi”.

Il percorso viene seguito da quattro operatori, tutti educatori, in un bucolico casale di campagna, dove le giornate sono organizzate minuziosamente per misurarsi con gli impegni di vita quotidiana: sveglia alle 7, colazione, pulizia e riordino della casa, attività lavorativa, pranzo alle 12.30, tempo libero per il riposo o per una partitella nel campo da calcio, momento di preghiera nella cappella, lavoro, cena alle 19.40, serate ricreative nella sala polivalente tra giochi di società, karaoke, proiezione di film, biliardino, e infine alle 23.15 si va a letto.

I ragazzi si suddividono le attività di ergoterapia tra gestione della cucina e della lavanderia, manutenzione del giardino e della piccola fattoria con galline, anatre e caprette, lavoro nel laboratorio di assemblaggio di schede elettroniche o nella pelletteria. Si chiama simbolicamente “Cambiarpelle” perché nella creazione artigianale di borse, cinture, svuota tasche, orecchini e collane (in vendita nei banchetti o nello shop.apg23.org), i ragazzi imparano che anche dai materiali di scarto si può realizzare qualcosa di bello, guadagnando così dignità e autonomia.

Si tengono anche gruppi tematici sul modello della DBT - terapia dialettico comportamentale per l’acquisizione di competenze su regolazione delle emozioni e rapporti interpersonali, colloqui individuali per l’ascolto ed educazione dei singoli ragazzi e sedute di psicoterapia con psicologa esterna per affrontare i problemi più critici.

“Tutta l’organizzazione strutturata della giornata diventa terapeutica per spingere la persona a cambiare e ad affrontare il problema della tossicodipendenza – riprende Compagno – ma la terapeuticità della comunità è la stessa comunità, ovvero la crescita attraverso relazioni interpersonali funzionali che rimangono nel tempo per superare storie orribili di abbandono, solitudine e traumi”.

“Grazie a queste relazioni sane e stimolanti, ho preso coscienza delle cose stupide e distruttive che ho fatto nella vita e sono diventato più responsabile. Quando si trova la motivazione, si torna ad apprezzare le cose che la bestia della droga ti porta via” racconta Andrea, 42 anni, rimasto come volontario dopo aver concluso il percorso in comunità “che mi ha cambiato la vita per costruire cose migliori per me e per gli altri”.

“La sostanza ti dà una scappatoia, ti alleggerisce, ti anestetizza ma ti distrugge i rapporti, la vita, il corpo” testimonia Enrico, 29 anni, che ha “iniziato a drogarmi molto giovane: 13 anni con gli spinelli, 15 anni con l’eroina per colpa della compagnia e dei problemi in famiglia. Ho sempre avuto una doppia vita: bravo ragazzo fuori, lavoro, responsabilità, casa, macchina e contemporaneamente tossicodipendente. Ho provato a smettere da solo con il metadone ma ci sono ricaduto, non avevo abbastanza forza di volontà, fino a quando non ho iniziato un percorso spirituale che mi ha ridato il motivo di vivere e di entrare in comunità per salvarmi”.

“Ero arrivato a un punto di disperazione in cui per star bene dovevo per forza usare eroina, psicofarmaci, ketamina…” racconta Ettore, 22 anni, che ha “iniziato a usare eroina in vena a 18 anni perché mi sentivo molto distaccato dagli altri, sentivo un peso, un vuoto che non riuscivo a colmare. Volevo spegnere le preoccupazioni, anche familiari, e il problema è peggiorato durante il lockdown. Mi sono trovato davanti a un bivio: o entravo in comunità o continuavo quella vita per sempre. Sono contento della mia decisione ma l’eroina a Ferrara rimane un fenomeno molto presente, è una sostanza molto facile da trovare ed è accessibile a chiunque. La sostanza si infila molto facilmente nella noia e nel non sentirsi capiti, ma bisogna chiedere aiuto”.

Il SERD conta cinque sedi (Ferrara, Copparo, Codigoro, Portomaggiore e Cento) con accesso libero e gratuito e accetta tutte le richieste portate da ragazzi, anche minorenni, dai genitori o da chiunque sia interessato ad iniziare un percorso di cura. Per informazioni contattare il numero 0532 760166.

Nel circuito delle comunità terapeutiche che offrono percorsi residenziali, figurano anche la comunità terapeutica Exodus “La casa di Carlotta” di Bondeno che accoglie madri con bambini o genitori con problemi di tossicodipendenza, il CODG - Centro osservazione diagnosi “L’Airone” ad Argenta, la cooperativa sociale “Il Ponte” a Migliaro e “Il Timoniere” a Mesola

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