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Gestione del cambiamento nell’offerta sanitaria e dinamiche del welfare italiano: il rapporto OASI 2015

pubblicato il 27/01/2016 15:15, ultima modifica 27/01/2016 15:22
Un convegno dedicato alla presentazione dei dati del 16° rapporto OASI (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano) che si è tenuto ieri (26.01.2016 ndr) nell’Aula Magna di Cona. L’incontro ha permesso anche di avere un quadro dello stato di salute della sanità a livello nazionale con un focus sulla sanità ferrarese

Il rapporto OASI, redatto da Cergas Bocconi, offre già dal 2000 un’analisi dei trend evolutivi del servizio sanitario nazionale e del settore sanitario italiano.

Tiziano Carradori, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, ha dato il via ai lavori sottolineando la rilevanza del rapporto OASI nell’ambito del dibattito attualmente in corso sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e sulle politiche di trasformazione dell’organizzazione e dell’assetto istituzionale delle aziende. Il rapporto infatti analizza e discute le politiche di concentrazione delle attività e le tendenze non ancora trasformate in politiche che riguardano la demografia professionale, la riarticolazione organizzativa, le forme di finanziamento integrativo,e il ruolo dei principali attori del sistema.

Lo stesso Direttore Generale ha poi affrontato nel suo intervento specifico la complessa problematica delle PPP (Partecipazioni Pubblico-Privato), presentando una visione non meramente descrittiva, essendo l’Arcispedale Sant’Anna di Cona uno dei casi di realizzazione di un ospedale attraverso una PPP.

Nella sua disamina ha messo in luce come, a livello nazionale e internazionale, il tema sia non recentissimo, ma sia all’attenzione di amministratori e legislatori da circa 20 anni. Tuttavia, mentre a livello internazionale appare evidente la sistematizzazione delle lezioni apprese dalle esperienze in una strutturata “policy” (orientamento strategico ufficialmente stabilito che orienta e inquadra le specifiche scelte), lo stesso non avviene per l’Italia.

Carradori ha intanto affermato che il diffondersi a suo tempo di esperienze di questo tipo non fu una scelta “libera”, ma una scelta “necessitata” dalla mancanza di capitali pubblici. In perfetta assonanza con l’intervento della Prof. Vecchi, ha poi mostrato la difficile trasferibilità del rischio dell’investimento finanziario al partner privato, e come, per la non rilevante maturità delle capacità del pubblico di utilizzare incentivi finanziari idonei, i pochi vantaggi derivanti dalla soluzione di adoprare il finanziatore privato, come quella del rispetto dei tempi di costruzione, vengono annullati, mentre vengono potenziati gli svantaggi derivanti dall’affidamento di funzioni no core alla gestione del finanziatore, che mettono gli amministratori di fronte a una struttura dei costi inattaccabile e non allineata ai valori di mercato.

Nel suo impietoso intervento, il Direttore Generale del Sant’Anna ha, utilizzando le sistematizzazioni regolamentari che il Regno Unito ha adottato, mostrato quali aspetti della contrattualistica possano essere affidati alla gestione del partner privato e quali invece non debbano mai essergli affidati, ma soprattutto sottolineando come senza l’elaborazione di una policy esplicita nazionale, sia difficilmente realizzabile quella maturazione di competenze e di know-how all’interno dei sistemi pubblici che consenta di mantenere e rafforzare i comportamenti virtuosi dei partner privati.

Una policy, ha sottolineato il Direttore, che non può dimenticarsi delle realtà che sono derivate dalle precedenti scelte, e che in alcuni casi, fanno sì che la gestione delle stesse strutture abbia configurazioni di costo e performances inaccettabili per la rigidità degli impegni assunti decenni prima e i cui effetti in una situazione economico-finanziaria completamente diversa, di segno opposto dal punto di vista finanziario, pregiudicano il pieno, o efficiente adempimento della funzione per cui la struttura fu costruita.

I fatti presentati, le evidenze di letteratura, le policy adottate negli altri paesi, i provvedimenti correttivi da questi ultimi adottati, dimostrano come la problematica non sia una problematica locale, ma sia piuttosto una di sistema, per la precisione un problema del sistema di welfare, che attraversa tutte le declinazioni che i diversi paesi occidentali sviluppati danno dello stesso welfare, e che in Italia è acuito dalla mancanza di una politica che esplicitamente ne affronti gli aspetti attuali più critici e, in quest’ottica, adotti anche provvedimenti che minimizzino gli effetti negativi delle precedenti scelte.

Francesco Longo, Alberto Ricci e Veronica Vecchi, dell’Università Bocconi Cergas hanno evidenziato come il quadro del SSN a livello nazionale si sia man mano trasformato nel corso degli ultimi anni, in base alle condizioni economiche e alle scelte dettate dalla governance nazionale.

Con i processi di fusione avvenuti nel corso di questi anni delle aziende sanitarie a livello nazionale, si è passati da 228 aziende sanitarie nel 1995 a  139 aziende sanitarie nel 2015.

Allo stesso tempo è stato evidenziato come dal 2012 la spesa sanitaria pubblica ha subito un trend in calo. Ciò dimostra come il sistema ha un controllo delle dinamiche di spesa.

A livello nazionale i tempi di attesa rimangono un tema di confronto importante. Lo stesso rapporto evidenzia alcune situazioni di criticità quali ad esempio le liste di attesa per  gli interventi per tumori e il sempre maggior numero di cittadini che rinunciano alle visite specialistiche, proprio per i tempi lunghi.

 Per il Prof. Longo è importante per il Sistema Sanitario Nazionale  rivedere alcune sue condizioni per la tenuta a livello nazionale con un confronto anche con altri Paesi. Longo conclude quindi sostenendo che “Siamo quindi sereni dal punto di vista della sostenibilità finanziaria, ma meno sereni dal punto di vista della sostenibilità sociale”.

 Paola Bardasi, Direttore Generale dell’Azienda Usl di Ferrara ha invece affrontato il tema legato ai processi di integrazione delle Aziende Sanitarie nell’esperienza che sta vivendo la provincia di Ferrara. Il processo di cooperazione – integrazione, rappresenta un vero e proprio processo di riordino delle modalità organizzative delle aziende sanitarie.  Se da un lato, a livello nazionale il numero delle Aziende si è ridotto di oltre il 20%, dall’altro si è assistito anche  allo sviluppo di nuove realtà, ciò ha consentito di rispondere alle crescenti attese della società e conservare una posizione di rilievo nella risposta efficace ai bisogni di salute collettiva.

 A Ferrara, evidenzia Bardasi, dove sono presenti un’azienda USL e un’azienda Ospedaliero Universitaria si è privilegiata la strada della cooperazione con:

  • Mission ben distinte che sono state alla base per realizzare al meglio una cooperazione mirata. Ogni azienda ha obiettivi e ruoli specifici (risposte territoriali da un lato e risposte specifiche ospedaliere dall’altro).
  • Mantenimento dell’identità: territori ed esigenze ben definite che vengono mantenute.
  • Condivisione delle visioni e delle strategie da parte dei Direttori generali con obiettivi trasversali e comuni e con perimetri più deboli, superando i vincoli amministrativi e contrattuali.

Il cittadino in questo modo anche grazie ad efficaci percorsi di comunicazione deve percepire che i processi funzionano anche in presenza di cambiamenti organizzativi interni. Importante favorire lo sviluppo delle diverse professionalità con una congiunta operatività dei professionisti stessi. Medici ospedalieri, medici territoriali e medici di medicina generale dovranno lavorare insieme nella e per la comunità.

Ciò è possibile, continua Bardasi, grazie a un percorso di collaborazioni e sperimentazioni già avviate come le reti cliniche. Leve motivazionali adeguate per i professionisti; un Ambiente «sociale» che consenta la realizzazione di modelli cooperativi e non competitivi. Fondamentale in questo caso la flessibilità organizzativa e nell’uso delle risorse, così come le tecnostrutture snelle e capaci di guidare e supportare il cambiamento. La formazione e sensibilizzazione per mantenere una identità locale e dei professionisti; la cooperazione per lavorare insieme e superare la competizione.

Tutto ciò per arrivare ad avere una squadra di governo forte, continuità delle Direzioni generali e una loro visione comune, ma anche un dibattito continuo e pratiche manageriali su misura per riuscire a realizzare un cambiamento della rotta in caso di necessità.  

 Conclude infine come siano già evidenti i primi risultati di questo percorso di cooperazione che sinteticamente si possono presentare come: efficacia ed appropriatezza. Si può portare nei diversi ospedali del territorio l’Università di Ferrara e si può condividere l’appropriatezza dei casi da trattare nelle strutture Hub, offrendo alternative, quali setting alternativi OSCO e Casa della Salute. Con le stesse risorse sono stati dati servizi migliori e/o più appropriati. Efficientamento. Risposta sulle risorse, economie di scala e di apprendimento. Siamo in grado di dare più servizi, di maggiore qualità, appropriati ed efficaci per rispondere ai nuovi bisogni ed alla nuova geografia dei servizi.

Miglioramento Indice di perfomance dei tempi di attesa dal 33% al 99% per prime visite e diagnostiche critiche. Utilizzo e scambio dei «saperi» e della tecnologia nei nodi territoriali come le Case della Salute e gli Ospedali di Comunità.

In materia di concentrazione delle aziende è intervenuta anche Kyriuakoula Petropulacos, Direttore generale sanità e Politiche Sociali della regione Emilia-Romagna che ha evidenziato come sia importante identificare obiettivi e chiari standard di riferimento proprio per ottenere un monitoraggio dei risultati. La concentrazione delle aziende sanitarie è una condizione complessa dovuta a numerosi fattori, deve essere quindi affrontata in una ottica di sistema.

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