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Influenza aviaria, i veterinari AUSLFE adottano un metodo 'etico' per la gestione dei focolai negli allevamenti. E sulla peste suina proseguono i controlli per prevenirla

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pubblicato il 16/03/2022 12:20, ultima modifica 17/03/2022 16:53
Trecento focolai e un numero spropositato di animali abbattuti in altre zone d’Italia. Soltanto tre focolai, invece, nella nostra provincia. L’influenza aviaria, anche lo scorso autunno, è comparsa nel nostro territorio, colpendo tre allevamenti del Ferrarese (uno a Codigoro e due a Lagosanto).
Influenza aviaria, i veterinari AUSLFE adottano un metodo 'etico' per la gestione dei focolai negli allevamenti. E sulla peste suina proseguono i controlli per prevenirla

Il veterinario AUSLFE Gaetano Trevisi

In due casi è stato adottato un nuovo metodo di gestione e di contrasto alla diffusione del virus negli animali che ha permesso di contenere i danni perché i volatili non sono stati abbattuti ma si è atteso la loro ‘negativizzazione’ dal virus e solo successivamente sono stati macellati e in sicurezza. Una procedura di controllo dell’influenza aviaria che ha permesso di ridurre anche i danni economici arrecati agli allevamenti.

Il nuovo metodo di gestione, già previsto dalle disposizioni legislative vigenti, non era mai stato adottato nel territorio regionale: in questi due casi, l’unità Operativa attività veterinarie di AUSLFE agendo di concerto con l’Assessorato alla salute della Regione ed il Ministero della Salute ha messo in atto un monitoraggio ravvicinato dell’andamento dell’infezione negli animali che ha coinvolto tutto il personale dell’Unità operativa.

Il Dr Gaetano Trevisi, dirigente Veterinario responsabile del Modulo organizzativo sanità animale di AUSLFE spiega cosa è stato fatto per evitare la soluzione più estrema e cioè quella dell’abbattimento degli animali: “Abbiamo eseguito esami diagnostici ogni tre giorni e dunque l’attività di controllo è stata ‘ravvicinata’. In ogniuno dei due allevamenti abbiamo eseguito fino ai 600 test. Una tempestività del tracciamento che ci ha permesso di tenere sempre sotto controllo il virus affinché fosse scongiurato quello che si teme di più in questi casi: l’abbattimento e lo smaltimento degli animali”.

La nuova metodica di controllo aveva l’obiettivo di verificare che all’interno delle aziende l’influenza aviaria non mutasse da bassa ad alta patogenicità. “L’influenza H5N1 può essere di due tipi – spiega ancora Trevisi -: quella a bassa patogenicità, che può decorrere anche in maniera asintomatica, e quella ad alta patogenicità che, invece, quando colpisce, provoca poi la morte della maggior parte degli animali allevati”.

Trevisi aggiunge ancora: “Noi siamo stati fortunati perché in entrambi gli allevamenti è arrivato il virus a bassa patogenicità, ma grazie ai test eseguiti in tempi ravvicinati, è stato possibile verificare che il virus non mutasse nella variante più patogena”.

Il veterinario Ausl puntualizza ancora: “Il nuovo metodo di controllo ha permesso di evitare anche i costi, importanti, dovuti all’abbattimento, al trasporto e distruzione degli animali, che hanno così terminato il loro ciclo di allevamento, potendo essere destinati in sicurezza al consumo umano”.

Un metodo ‘etico’ lo definisce lo stesso Trevisi che dà un’altra buona notizia per quanto riguarda i controlli effettuati sulla salute dei volatili selvatici: “Non abbiamo trovato animali infetti da influenza aviaria. Grazie alla collaborazione con i cacciatori sono stati effettuati circa 300 test durante la stagione venatoria e nessuno di questi ha dato esito positivo”.

L’Unità operativa attività veterinarie AUSLFE inoltre monitora il territorio per prevenire l’introduzione della peste suina africana. Una malattia che colpisce i suini domestici e selvatici e attualmente è presente nei cinghiali in Piemonte e Liguria: “fortunatamente da noi non ci sono cinghiali ma dobbiamo preservare la salute degli allevamenti di suini”. La peste suina, non è una zoonosi, quindi non è pericolosa per l’uomo, ma invece, arreca gravi danni agli allevamenti suinicoli determinando la morte della maggior parte degli animali colpiti e ingenti danni all’esportazione dei prodotti alimentari realizzati con la carne di maiale “perché gli importatori appena sanno che i nostri animali potrebbero essere a rischio di contrarre questa malattia fermano le ordinazioni”.

Non siamo l’Appennino, comunque” precisa Trevisi e aggiunge: “Occorre tuttavia essere cauti perché il rischio che malattia entri anche nel nostro territorio è elevato, mettendo, lo ribadisco, a repentaglio i suini domestici e gli allevamenti”.

Il veterinario AUSLFE a tutti gli escursionisti ferraresi fa così un invito, visto che anche solo il calpestio di viscere di un animale morto con la peste suina potrebbe veicolare il virus nei nostri allevamenti: “Se percorrete un sentiero dell’Appennino e trovate una carcassa di cinghiale segnalatelo al numero telefonico messo a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna”.

Il numero di telefono per le segnalazioni è: 051 6092124

Tutte le informazioni sono anche sul sito: www.alimenti-salute.it

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